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Offre la possibilità di "camminare" sospesi su scavi archeologici in pieno centro città!
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Domus tal-Kirurġu
Piazza Luigi FerrariOffre la possibilità di "camminare" sospesi su scavi archeologici in pieno centro città!
Il “TEMPIO” Malatestiano… solo in APPARENZA Chiesa…
Il Tempio Malatestiano, dal 1809 riconsacrato come basilica cattedrale di Santa Colomba, è la chiesa maggiore di Rimini.
”TEMPIO” e NON Duomo di Rimini. E’ bene sapere infatti che nella struttura originaria incredibilmente non venne prevista una croce o un’effige di santo: da qui la denominazione Tempio.
Sigismondo Pandolfo Malatesta, che durante il XV secolo promosse i lavori di ristrutturazione della precedente chiesa, non volle infatti inserirvi icone e simboli prettamente cristiani, ma dedicò le celle allo zodiaco, alle arti ed alle scienze, nonchè ai suoi avi ed alle loro spoglie.
La quantità di riferimenti pagani è tale per cui Pio II riportò nei suoi Commentari: “Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur” (“Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni”).
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Tempju Malatestiano
35 Via IV NovembreIl “TEMPIO” Malatestiano… solo in APPARENZA Chiesa…
Il Tempio Malatestiano, dal 1809 riconsacrato come basilica cattedrale di Santa Colomba, è la chiesa maggiore di Rimini.
”TEMPIO” e NON Duomo di Rimini. E’ bene sapere infatti che nella struttura originaria incredibilmente non venne prevista una croce o un’effige di santo: da qui la denominazione Tempio.
Sigismondo Pandolfo Malatesta, che durante il XV secolo promosse i lavori di ristrutturazione della precedente chiesa, non volle infatti inserirvi icone e simboli prettamente cristiani, ma dedicò le celle allo zodiaco, alle arti ed alle scienze, nonchè ai suoi avi ed alle loro spoglie.
La quantità di riferimenti pagani è tale per cui Pio II riportò nei suoi Commentari: “Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur” (“Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni”).
Il ponte di Tiberio, il ponte del diavolo
Percorrendo il corso d'Augusto in direzione opposta all’omonimo Arco, otrepassando Piazza Tre Martiri e Piazza Cavour si esce dalla Rimini "romana" attraverso il Ponte di Tiberio.
Il ponte, iniziato nel 14 d.C. dall’imperatore Augusto e terminato nel 21 d.C. dal successore Tiberio, figlio adottivo di Augusto, e’ considerato uno dei ponti romani più notevoli fra quelli superstiti ed é in uso ancora oggi sostenendo il peso di un intenso traffico cittadino.
La solidità del Ponte di Tiberio ha sempre destato grande meraviglia, fino a creare la leggenda del “ponte del diavolo”.
La leggenda dice: “Ci vollero ben sette anni a Tiberio per portare a termine la costruzione del ponte di Ariminum, iniziata dal padre. Durante questi anni, risultò molto difficile riuscire a continuare l'opera. I lavori procedevano molto a rilento perché ogni qual volta che si costruiva un nuovo pezzo del ponte questi crollava o comunque non riusciva bene. Sembrava un'opera edilizia destinata a non vedere mai la luce e a minare la gloria dell'imperatore fin quando egli, dopo aver pregato invano tutti gli dei giocò l'ultima carta rimastagli e interpellò l'unico essere soprannaturale che poteva metterci lo zampino.
Tiberio invocò il diavolo e, pregandolo di venire in suo aiuto fece, con il signore dell'oscurità il seguente patto: il diavolo avrebbe costruito il ponte ma in cambio si sarebbe preso l'anima del primo che lo attraversava. All'imperatore non rimase che accettare e il diavolo si mise subito all'opera. Il ponte fu costruito nel giro di una notte; bello, solido e imponente, stava lì, ad aspettare che lo si attraversasse. Venne il momento dell'inaugurazione e il corteo ufficiale era pronto per la parata quando all'imperatore venne in mente come liberarsi di quello scomodo patto col diavolo. Tiberio ordinò che, in segno propiziatorio, prima di tutti, sul nuovo ponte, dovesse passare un cane. Così fu fatto e il diavolo, che aspettava la sua anima sull'altra sponda del ponte, rimase a bocca asciutta. Satana, schiumante di collera per essere stato buggerato così malamente, decise di vendicarsi all'istante e buttare giù il ponte di Tiberio.
Calciò più volte con ira sulla pietra da lui posata, ma niente da fare. L'aveva costruito indistruttibile e nemmeno lui poteva distruggerlo. Così se ne dovette andare... a mani vuote. A testimonianza di questo episodio rimangono alcune impronte caprine impresse su di una delle grosse pietre poste all'inizio del ponte sul lato che guarda la città.
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Ponte di Tiberio
Ponte di TiberioIl ponte di Tiberio, il ponte del diavolo
Percorrendo il corso d'Augusto in direzione opposta all’omonimo Arco, otrepassando Piazza Tre Martiri e Piazza Cavour si esce dalla Rimini "romana" attraverso il Ponte di Tiberio.
Il ponte, iniziato nel 14 d.C. dall’imperatore Augusto e terminato nel 21 d.C. dal successore Tiberio, figlio adottivo di Augusto, e’ considerato uno dei ponti romani più notevoli fra quelli superstiti ed é in uso ancora oggi sostenendo il peso di un intenso traffico cittadino.
La solidità del Ponte di Tiberio ha sempre destato grande meraviglia, fino a creare la leggenda del “ponte del diavolo”.
La leggenda dice: “Ci vollero ben sette anni a Tiberio per portare a termine la costruzione del ponte di Ariminum, iniziata dal padre. Durante questi anni, risultò molto difficile riuscire a continuare l'opera. I lavori procedevano molto a rilento perché ogni qual volta che si costruiva un nuovo pezzo del ponte questi crollava o comunque non riusciva bene. Sembrava un'opera edilizia destinata a non vedere mai la luce e a minare la gloria dell'imperatore fin quando egli, dopo aver pregato invano tutti gli dei giocò l'ultima carta rimastagli e interpellò l'unico essere soprannaturale che poteva metterci lo zampino.
Tiberio invocò il diavolo e, pregandolo di venire in suo aiuto fece, con il signore dell'oscurità il seguente patto: il diavolo avrebbe costruito il ponte ma in cambio si sarebbe preso l'anima del primo che lo attraversava. All'imperatore non rimase che accettare e il diavolo si mise subito all'opera. Il ponte fu costruito nel giro di una notte; bello, solido e imponente, stava lì, ad aspettare che lo si attraversasse. Venne il momento dell'inaugurazione e il corteo ufficiale era pronto per la parata quando all'imperatore venne in mente come liberarsi di quello scomodo patto col diavolo. Tiberio ordinò che, in segno propiziatorio, prima di tutti, sul nuovo ponte, dovesse passare un cane. Così fu fatto e il diavolo, che aspettava la sua anima sull'altra sponda del ponte, rimase a bocca asciutta. Satana, schiumante di collera per essere stato buggerato così malamente, decise di vendicarsi all'istante e buttare giù il ponte di Tiberio.
Calciò più volte con ira sulla pietra da lui posata, ma niente da fare. L'aveva costruito indistruttibile e nemmeno lui poteva distruggerlo. Così se ne dovette andare... a mani vuote. A testimonianza di questo episodio rimangono alcune impronte caprine impresse su di una delle grosse pietre poste all'inizio del ponte sul lato che guarda la città.
La “Mula” ed il “Miracolo eucaristico”.
A Rimini, in quella che oggi è chiamata piazza Tre Martiri, esiste una cappella chiamata “Tempietto“, accanto al santuario di San Francesco da Paola, in ricordo di un famoso prodigio eucaristico che si sarebbe verificato nel 1223.
Secondo la tradizione, Sant’Antonio si trovava nella città romagnola per predicare la reale presenza di Gesù nell’Eucaristia, quando un eretico di nome Bonisollo gli avrebbe detto che, se avesse provato con un miracolo la vera presenza di Cristo nell’ostia consacrata, avrebbe aderito all’insegnamento della Chiesa cattolica.
L’eretico organizzò la “sfida” in questo modo: avrebbe tenuto chiusa per tre giorni nella stalla la sua mula senza darle da mangiare, poi l’avrebbe portata in piazza, mettendole davanti della biada. Contemporaneamente il santo avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale avesse trascurato il foraggio per inginocchiarsi dinanzi all’ostia, Bonisollo avrebbe creduto.
Nel giorno convenuto il santo, dopo aver celebrato la Messa, recò in processione l’ostia consacrata in piazza Tre Martiri e, giunto davanti alla mula, disse:
« In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione. »
Come il santo ebbe finito di parlare, la mula, lasciando da parte il fieno, si avvicinò e si inginocchiò, tra lo stupore e la commozione dei presenti, e così l’eretico si sarebbe convertì.
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Piazza Tre Martiri
Piazza Tre MartiriLa “Mula” ed il “Miracolo eucaristico”.
A Rimini, in quella che oggi è chiamata piazza Tre Martiri, esiste una cappella chiamata “Tempietto“, accanto al santuario di San Francesco da Paola, in ricordo di un famoso prodigio eucaristico che si sarebbe verificato nel 1223.
Secondo la tradizione, Sant’Antonio si trovava nella città romagnola per predicare la reale presenza di Gesù nell’Eucaristia, quando un eretico di nome Bonisollo gli avrebbe detto che, se avesse provato con un miracolo la vera presenza di Cristo nell’ostia consacrata, avrebbe aderito all’insegnamento della Chiesa cattolica.
L’eretico organizzò la “sfida” in questo modo: avrebbe tenuto chiusa per tre giorni nella stalla la sua mula senza darle da mangiare, poi l’avrebbe portata in piazza, mettendole davanti della biada. Contemporaneamente il santo avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale avesse trascurato il foraggio per inginocchiarsi dinanzi all’ostia, Bonisollo avrebbe creduto.
Nel giorno convenuto il santo, dopo aver celebrato la Messa, recò in processione l’ostia consacrata in piazza Tre Martiri e, giunto davanti alla mula, disse:
« In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione. »
Come il santo ebbe finito di parlare, la mula, lasciando da parte il fieno, si avvicinò e si inginocchiò, tra lo stupore e la commozione dei presenti, e così l’eretico si sarebbe convertì.
Insieme al ponte di Tiberio, l’Arco di Augusto è uno dei simboli della città di Rimini tanto da esserne presente anche nello stemma araldico dove è rappresentato, proprio sopra il ponte di Tiberio.
Consacrato all’imperatore Augusto dal Senato romano nel 27 a.C. è il più antico arco romano rimasto ed è realizzato con blocchi in pietra d’Istria con un’altezza di 10,40 metri e una profondità di 4,10 metri con apertura del fornice di quasi 9 metri.
La tradizione vuole che sulla sommità del monumento vi fosse in origine grandiosa statua bronzea dell’imperatore Augusto, ritratto nell’atto di condurre una quadriga
La peculiarità di questo arco è che il fornice era troppo grande per ospitare una porta, almeno per quei tempi. La spiegazione è dovuta al fatto che la politica dell’Imperatore Augusto, volta alla pace, la cosiddetta Pax Augustea, rendeva inutile una porta civica che si potesse chiudere, non essendovi minaccia di attacchi da parte del nemico.
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Arċċ tal-August
Corso d'AugustoInsieme al ponte di Tiberio, l’Arco di Augusto è uno dei simboli della città di Rimini tanto da esserne presente anche nello stemma araldico dove è rappresentato, proprio sopra il ponte di Tiberio.
Consacrato all’imperatore Augusto dal Senato romano nel 27 a.C. è il più antico arco romano rimasto ed è realizzato con blocchi in pietra d’Istria con un’altezza di 10,40 metri e una profondità di 4,10 metri con apertura del fornice di quasi 9 metri.
La tradizione vuole che sulla sommità del monumento vi fosse in origine grandiosa statua bronzea dell’imperatore Augusto, ritratto nell’atto di condurre una quadriga
La peculiarità di questo arco è che il fornice era troppo grande per ospitare una porta, almeno per quei tempi. La spiegazione è dovuta al fatto che la politica dell’Imperatore Augusto, volta alla pace, la cosiddetta Pax Augustea, rendeva inutile una porta civica che si potesse chiudere, non essendovi minaccia di attacchi da parte del nemico.
PORTA MONTANARA.
Che posizione invidiabile aveva Ariminum. Era protetta
da tre lati dall’acqua (il mare, il fiume Marecchia e il torrente
Ausa, oggi sotterraneo). Così l’unico fronte da difendere
era quello dai monti a nord. Ma chi entrava in città da quel
lato trovava Porta Montanara. Smantellata nel dopoguerra
nel corso di un riarredo urbano, è stata reinserita di recente,
con i materiali originali, in via Garibaldi, leggermente spostata
rispetto alla posizione originale.
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Porta Montanara
112 Via Giuseppe GaribaldiPORTA MONTANARA.
Che posizione invidiabile aveva Ariminum. Era protetta
da tre lati dall’acqua (il mare, il fiume Marecchia e il torrente
Ausa, oggi sotterraneo). Così l’unico fronte da difendere
era quello dai monti a nord. Ma chi entrava in città da quel
lato trovava Porta Montanara. Smantellata nel dopoguerra
nel corso di un riarredo urbano, è stata reinserita di recente,
con i materiali originali, in via Garibaldi, leggermente spostata
rispetto alla posizione originale.
BORGO SAN GIULIANO. Nato intorno all’anno Mille,
era l’antico quartiere dei pescatori
(oggi le case qui sono alle stelle)
a ridosso del Ponte di Tiberio.
Un buon ingresso può essere
la piccola via Marecchia. Vicoli stretti,
casette basse, muri color pastello
spesso decorati da grandi murales,
vasi di fiori sui balconi. Si passeggia
nel silenzio (la zona è isola pedonale)
in un’atmosfera carica di poesia.
Borgo San Giuliano era il luogo
preferito di Federico Fellini e Giulietta
Masina: il Maestro ha sempre detto
che si sarebbe voluto ritirare qui.
Merita una visita la chiesa di San
Giuliano, di sapore palladiano, antica
abbazia benedettina (IX sec.)
che la tradizione vuole eretta
su un tempio pagano. Non solo
perché fra le varie opere c’è anche
un dipinto di Paolo Veronese:
il Martirio di San Giuliano (è sull’altare
maggiore). Ma anche perché proprio
sotto la grande tela c’è un sarcofago
di marmo di età romana: si dice
che contenga le spoglie del giovane
santo istriano torturato dal proconsole
Marciano. La tradizione narra che
il sarcofago si arenò misteriosamente
sulla spiaggia di Rimini, proveniente
dalla Dalmazia. Da allora in quel punto
sgorga una fonte di acqua miracolosa:
la Sacramora, cioè la sacra dimora.
Da sempre la chiesa è meta
di pellegrinaggio.
Chiesa di San Giuliano Martire
16 Via S. GiulianoBORGO SAN GIULIANO. Nato intorno all’anno Mille,
era l’antico quartiere dei pescatori
(oggi le case qui sono alle stelle)
a ridosso del Ponte di Tiberio.
Un buon ingresso può essere
la piccola via Marecchia. Vicoli stretti,
casette basse, muri color pastello
spesso decorati da grandi murales,
vasi di fiori sui balconi. Si passeggia
nel silenzio (la zona è isola pedonale)
in un’atmosfera carica di poesia.
Borgo San Giuliano era il luogo
preferito di Federico Fellini e Giulietta
Masina: il Maestro ha sempre detto
che si sarebbe voluto ritirare qui.
Merita una visita la chiesa di San
Giuliano, di sapore palladiano, antica
abbazia benedettina (IX sec.)
che la tradizione vuole eretta
su un tempio pagano. Non solo
perché fra le varie opere c’è anche
un dipinto di Paolo Veronese:
il Martirio di San Giuliano (è sull’altare
maggiore). Ma anche perché proprio
sotto la grande tela c’è un sarcofago
di marmo di età romana: si dice
che contenga le spoglie del giovane
santo istriano torturato dal proconsole
Marciano. La tradizione narra che
il sarcofago si arenò misteriosamente
sulla spiaggia di Rimini, proveniente
dalla Dalmazia. Da allora in quel punto
sgorga una fonte di acqua miracolosa:
la Sacramora, cioè la sacra dimora.
Da sempre la chiesa è meta
di pellegrinaggio.