Guidebook for Catania

Adriana
Guidebook for Catania

Parks & Nature

All'entrata della villa si viene accolti dalla cosiddetta fontana dei cigni, con alle spalle la data sempre aggiornata dai giardinieri del comune. È il parco più grande e più bello della città. Proprietà del principe Ignazio Paternò Castello, venduta poi dagli eredi al comune di Catania. Al suo interno numerosi spazi verdi, piazzali, camminamenti e, fra gli altri, il famoso viale degli uomini illustri. Parecchie le iniziative organizzate all'interno della villa
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Ġnien Bellini
292 Via Etnea
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All'entrata della villa si viene accolti dalla cosiddetta fontana dei cigni, con alle spalle la data sempre aggiornata dai giardinieri del comune. È il parco più grande e più bello della città. Proprietà del principe Ignazio Paternò Castello, venduta poi dagli eredi al comune di Catania. Al suo interno numerosi spazi verdi, piazzali, camminamenti e, fra gli altri, il famoso viale degli uomini illustri. Parecchie le iniziative organizzate all'interno della villa
Su un’area di circa 280 km² posta a nord-est delle spiagge, è presente il Boschetto della Playa, polmone verde della città, frutto di un rimboschimento del periodo fascista, costituito in gran parte da esemplari di Pino marittimo (Pinus pinaster) ed eucalipto e parzialmente trasformata in area attrezzata, che spesso ospita pic-nic, manifestazioni sportive agonistiche ed amatoriali.
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Boschetto Plaja
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Su un’area di circa 280 km² posta a nord-est delle spiagge, è presente il Boschetto della Playa, polmone verde della città, frutto di un rimboschimento del periodo fascista, costituito in gran parte da esemplari di Pino marittimo (Pinus pinaster) ed eucalipto e parzialmente trasformata in area attrezzata, che spesso ospita pic-nic, manifestazioni sportive agonistiche ed amatoriali.
È un giardino botanico diretto dal Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell'Università di Catania. L'area è suddivisa in Hortus Generalis (13.000 m²), caratterizzato dalla presenza di piante esotiche, ed Hortus Siculus (3000 m²), destinato alla coltivazione di specie spontanee siciliane. Nell’Hortus Generalis si possono inoltre ammirare la ricca collezione di palme e l'affascinante settore delle piante succulente. L’Hortus Siculus, con la sua collezione di piante spontanee dell'isola, rappresenta un'oasi di tutela e conservazione di specie rare e a rischio di estinzione.
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Il-Botaniku Orto tal-Università ta 'Katanija
397 Via Etnea
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È un giardino botanico diretto dal Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali dell'Università di Catania. L'area è suddivisa in Hortus Generalis (13.000 m²), caratterizzato dalla presenza di piante esotiche, ed Hortus Siculus (3000 m²), destinato alla coltivazione di specie spontanee siciliane. Nell’Hortus Generalis si possono inoltre ammirare la ricca collezione di palme e l'affascinante settore delle piante succulente. L’Hortus Siculus, con la sua collezione di piante spontanee dell'isola, rappresenta un'oasi di tutela e conservazione di specie rare e a rischio di estinzione.

Arts & Culture

In piazza Duomo è possibile ammirare la statua dell'elefante col suo antico obelisco (simbolo della città), la cattedrale di Sant'Agata, la fontana dell' "Acqua 'o linzolu" dove il fiume Amenano (che scorre sotto la città) esce allo scoperto, l'antico lavatoio (rifornito dall'acqua dell'Amenano), porta Uzeda (antica porta d'ingresso alla città). È possibile inoltre visitate le Terme Achilliane, antico complesso termale che si trova sotto la cattedrale.
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Piazza del Duomo
Piazza del Duomo
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In piazza Duomo è possibile ammirare la statua dell'elefante col suo antico obelisco (simbolo della città), la cattedrale di Sant'Agata, la fontana dell' "Acqua 'o linzolu" dove il fiume Amenano (che scorre sotto la città) esce allo scoperto, l'antico lavatoio (rifornito dall'acqua dell'Amenano), porta Uzeda (antica porta d'ingresso alla città). È possibile inoltre visitate le Terme Achilliane, antico complesso termale che si trova sotto la cattedrale.
La fontana dell'Amenano, detta dai catanesi "Acqua a linzolu", è alimentata dall'Amenano, fiume che nasce e si ingrotta sull'Etna per poi scorrere sotterraneo per tutta la città, ad esclusione di alcuni siti in cui viene in superficie. È realizzata in marmo di Carrara e rappresenta il fiume Amenano come un giovane che tiene una cornucopia dalla quale fuoriesce dell'acqua che si versa in una vasca dal bordo bombato. L'acqua, tracimando da questa vasca, produce un effetto cascata che dà la sensazione di un lenzuolo. Da qui, appunto, il modo di dire in siciliano "Acqua a linzolu" per indicare la fontana. L'acqua che cade dalla vasca si riversa nel fiume sottostante, che scorre ad un livello di circa due metri sotto la piazza. Nella stagione estiva, l’acqua nebulizzata contribuisce ad alleviare il caldo, donando frescura ai passanti. Alle spalle della fontana, una scalinata in pietra lavica conduce alla Pescheria.
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Fontana dell'Amenano
Piazza del Duomo
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La fontana dell'Amenano, detta dai catanesi "Acqua a linzolu", è alimentata dall'Amenano, fiume che nasce e si ingrotta sull'Etna per poi scorrere sotterraneo per tutta la città, ad esclusione di alcuni siti in cui viene in superficie. È realizzata in marmo di Carrara e rappresenta il fiume Amenano come un giovane che tiene una cornucopia dalla quale fuoriesce dell'acqua che si versa in una vasca dal bordo bombato. L'acqua, tracimando da questa vasca, produce un effetto cascata che dà la sensazione di un lenzuolo. Da qui, appunto, il modo di dire in siciliano "Acqua a linzolu" per indicare la fontana. L'acqua che cade dalla vasca si riversa nel fiume sottostante, che scorre ad un livello di circa due metri sotto la piazza. Nella stagione estiva, l’acqua nebulizzata contribuisce ad alleviare il caldo, donando frescura ai passanti. Alle spalle della fontana, una scalinata in pietra lavica conduce alla Pescheria.
La porta Uzeda, che collega le due ali dell’antico seminario dei Chierici (l’attuale sede del Museo Diocesano e Palazzo dei Chierici), fu costruita nel 1695 dal duca di Camastra e dedicata al Vicerè in carica, Paceco de Uzeda, che aveva promosso la ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693. Considerata uno dei simboli della città, Porta Uzeda è costruita in tipico stile barocco catanese, di cui è caratteristica la tipica alternanza di pietra lavica e marmo bianco per le decorazioni, stilisticamente simile al vicino Palazzo dei Chierici. Porta Uzeda si apre verso il mare all’interno dell’antica cinta muraria cinquecentesca dedicata al sovrano spagnolo Carlo V, e fa parte delle “nuove” porte difensive di Catania costruite dopo la colata lavica del 1669 e il terremoto del 1693.
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Porta Uzeda
Piazza del Duomo
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La porta Uzeda, che collega le due ali dell’antico seminario dei Chierici (l’attuale sede del Museo Diocesano e Palazzo dei Chierici), fu costruita nel 1695 dal duca di Camastra e dedicata al Vicerè in carica, Paceco de Uzeda, che aveva promosso la ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693. Considerata uno dei simboli della città, Porta Uzeda è costruita in tipico stile barocco catanese, di cui è caratteristica la tipica alternanza di pietra lavica e marmo bianco per le decorazioni, stilisticamente simile al vicino Palazzo dei Chierici. Porta Uzeda si apre verso il mare all’interno dell’antica cinta muraria cinquecentesca dedicata al sovrano spagnolo Carlo V, e fa parte delle “nuove” porte difensive di Catania costruite dopo la colata lavica del 1669 e il terremoto del 1693.
Dinanzi Porta Uzeda, nel cuore del centro storico di Catania, sotto i famosi Archi della Marina, c’è la villa Pacini, chiamata dai catanesi “villa d’i varagghi” che significa villa degli sbadigli, perché è frequentata da anziani e disoccupati. È uno dei due giardini più antichi della città, costruito alla fine del 1800, venne inglobato dal viadotto ferroviario negli anni trenta e questo lo rese meno “arioso” ma allo stesso tempo gli ha donato una nota caratteristica. All’interno della villa è molto bella la fontana ed è accessibile un’area giochi per bambini con scivoli e altalene. Inoltre Villa Pacini è uno dei luoghi in cui affiora in superficie l'Amenano, che è infatti visibile per un tratto all'interno del giardino, prima di raggiungere il porto.
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Giardino Pacini
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Dinanzi Porta Uzeda, nel cuore del centro storico di Catania, sotto i famosi Archi della Marina, c’è la villa Pacini, chiamata dai catanesi “villa d’i varagghi” che significa villa degli sbadigli, perché è frequentata da anziani e disoccupati. È uno dei due giardini più antichi della città, costruito alla fine del 1800, venne inglobato dal viadotto ferroviario negli anni trenta e questo lo rese meno “arioso” ma allo stesso tempo gli ha donato una nota caratteristica. All’interno della villa è molto bella la fontana ed è accessibile un’area giochi per bambini con scivoli e altalene. Inoltre Villa Pacini è uno dei luoghi in cui affiora in superficie l'Amenano, che è infatti visibile per un tratto all'interno del giardino, prima di raggiungere il porto.
Posizionati oltre le Mura di Carlo V in prossimità del Porto di Catania e per una porzione all’interno della Villa Pacini, in gergo popolare, gli Archi della Marina (in siciliano “Acchi da Marina”) indicano il viadotto ferroviario Catania-Siracusa, costruito per far fronte alla crescente rete commerciale legata alla lavorazione dello zolfo e dei minerali, sviluppatasi nella Sicilia Orientale nella seconda metà dell’800. I 56 archi alternano la roccia vulcanica (scura) a quella calcarea (chiara). Fino agli anni ’30 buona parte degli archi erano immersi nelle acque del porto che furono poi interrate durante i lavori di ampliamento dello stesso, tanto che oggi gli Archi della Marina poggiano tutti sul suolo. Negli anni ’60 la struttura principale fu ampliata per creare un secondo asse ferroviario e sempre in quegli anni gli Archi della Marina divennero un rifugio per i senza tetto, tanto che l’espressione dialettale “stari sutta l’acchi ra Marina” indica proprio una situazione di disagio economico e sociale.
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Archi della Marina
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Posizionati oltre le Mura di Carlo V in prossimità del Porto di Catania e per una porzione all’interno della Villa Pacini, in gergo popolare, gli Archi della Marina (in siciliano “Acchi da Marina”) indicano il viadotto ferroviario Catania-Siracusa, costruito per far fronte alla crescente rete commerciale legata alla lavorazione dello zolfo e dei minerali, sviluppatasi nella Sicilia Orientale nella seconda metà dell’800. I 56 archi alternano la roccia vulcanica (scura) a quella calcarea (chiara). Fino agli anni ’30 buona parte degli archi erano immersi nelle acque del porto che furono poi interrate durante i lavori di ampliamento dello stesso, tanto che oggi gli Archi della Marina poggiano tutti sul suolo. Negli anni ’60 la struttura principale fu ampliata per creare un secondo asse ferroviario e sempre in quegli anni gli Archi della Marina divennero un rifugio per i senza tetto, tanto che l’espressione dialettale “stari sutta l’acchi ra Marina” indica proprio una situazione di disagio economico e sociale.
Fu costruita nel 1768 su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia. L’opera serviva per commemorare le nozze tra Ferdinando delle due Sicilie e Maria Carolina d’Asburgo, da qui il nome di porta Ferdinandea. Porta Garibaldi è conosciuta dai catanesi come "u Furtinu", in ricordo di un fortino costruito a pochi passi di piazza Palestro. L’arco trionfale sembra dare il benvenuto dalla parte ovest della città in corrispondenza del Duomo. Si trova esattamente al centro di Piazza Palestro, ovvero alla fine di Via Garibaldi, ed è un importante esempio del barocco catanese.
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Porta Ferdinandea
Piazza Palestro
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Fu costruita nel 1768 su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia. L’opera serviva per commemorare le nozze tra Ferdinando delle due Sicilie e Maria Carolina d’Asburgo, da qui il nome di porta Ferdinandea. Porta Garibaldi è conosciuta dai catanesi come "u Furtinu", in ricordo di un fortino costruito a pochi passi di piazza Palestro. L’arco trionfale sembra dare il benvenuto dalla parte ovest della città in corrispondenza del Duomo. Si trova esattamente al centro di Piazza Palestro, ovvero alla fine di Via Garibaldi, ed è un importante esempio del barocco catanese.
È ospitato nelle sale del primo piano del Palazzo Gravina Cruyllas, una delle tante nobili residenze dei Principi di Palagonia. Occupa la casa in cui il compositore Vincenzo Bellini nacque il 3 novembre 1801 e trascorse i primi sedici anni di vita. Il Decreto del 23 novembre 1923 dichiarò Monumento Nazionale la casa di Bellini. Il Museo Belliniano, invece, è stato inaugurato il 5 maggio 1930 alla presenza di Vittorio Emanuele III. Il museo contiene oggetti, scritti e strumenti del grande musicista catanese. Inoltre al suo interno si possono trovare antichi strumenti musicali donati dalla cittadinanza ma anche stampe di Catania antica.
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Museo Civico Belliniano
3 Piazza S. Francesco d'Assisi
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È ospitato nelle sale del primo piano del Palazzo Gravina Cruyllas, una delle tante nobili residenze dei Principi di Palagonia. Occupa la casa in cui il compositore Vincenzo Bellini nacque il 3 novembre 1801 e trascorse i primi sedici anni di vita. Il Decreto del 23 novembre 1923 dichiarò Monumento Nazionale la casa di Bellini. Il Museo Belliniano, invece, è stato inaugurato il 5 maggio 1930 alla presenza di Vittorio Emanuele III. Il museo contiene oggetti, scritti e strumenti del grande musicista catanese. Inoltre al suo interno si possono trovare antichi strumenti musicali donati dalla cittadinanza ma anche stampe di Catania antica.
Costruito da Federico II di Svevia nel XIII secolo, oggi è sede del Museo Civico della città. La costruzione del Castello Ursino faceva parte di un ampio progetto di fortificazione avviato già negli anni precedenti nella Sicilia orientale da Federico II. Nonostante le difficoltà economiche imponessero in quegli anni l'interruzione dei lavori in gran parte degli altri castelli siciliani, il castrum catanese fu costruito in breve tempo su di un promontorio che si affacciava sul mare ma che dominava altresì il centro urbano. Difficile, per chi lo visita oggi, immaginarne l'originaria collocazione strategica. L'eruzione del 1669 modificando il rapporto dell'edificio con il terreno e la sua posizione all'interno del tessuto cittadino ne snatura l'originaria vocazione. La colata lavica lo circonda lasciando pressoché intatta la struttura ma distruggendone la funzionalità militare. Viene alterata anche la visuale del Castello, reso meno imponente dal "livellamento" del terreno. Dalla costruzione a oggi è stato quasi costantemente utilizzato. Per tutto il sec. XIII mantenne il carattere di fortezza per poi divenire dimora reale degli Aragonesi (nel Castello fu convocato il primo Parlamento Siciliano) e, piy tardi dei Viceré Spagnoli. È stato adibito anche a carcere (nel cortile sono ancora visibili i graffiti dei prigionieri) e utilizzato in seguito come caserma. Restaurato in epoca fascista, dal 1934 il Castello ospita le raccolte civiche in cui sono presenti le sezioni archeologiche Medievale, Rinascimentale e Moderna. Al suo interno si trovano anche dipinti della scuola del Caravaggio
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Il-Kastell Ursino
21 Piazza Federico di Svevia
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Costruito da Federico II di Svevia nel XIII secolo, oggi è sede del Museo Civico della città. La costruzione del Castello Ursino faceva parte di un ampio progetto di fortificazione avviato già negli anni precedenti nella Sicilia orientale da Federico II. Nonostante le difficoltà economiche imponessero in quegli anni l'interruzione dei lavori in gran parte degli altri castelli siciliani, il castrum catanese fu costruito in breve tempo su di un promontorio che si affacciava sul mare ma che dominava altresì il centro urbano. Difficile, per chi lo visita oggi, immaginarne l'originaria collocazione strategica. L'eruzione del 1669 modificando il rapporto dell'edificio con il terreno e la sua posizione all'interno del tessuto cittadino ne snatura l'originaria vocazione. La colata lavica lo circonda lasciando pressoché intatta la struttura ma distruggendone la funzionalità militare. Viene alterata anche la visuale del Castello, reso meno imponente dal "livellamento" del terreno. Dalla costruzione a oggi è stato quasi costantemente utilizzato. Per tutto il sec. XIII mantenne il carattere di fortezza per poi divenire dimora reale degli Aragonesi (nel Castello fu convocato il primo Parlamento Siciliano) e, piy tardi dei Viceré Spagnoli. È stato adibito anche a carcere (nel cortile sono ancora visibili i graffiti dei prigionieri) e utilizzato in seguito come caserma. Restaurato in epoca fascista, dal 1934 il Castello ospita le raccolte civiche in cui sono presenti le sezioni archeologiche Medievale, Rinascimentale e Moderna. Al suo interno si trovano anche dipinti della scuola del Caravaggio
A pochi passi dal Castello Ursino, percorrendo la via S. Calogero, ci si imbatte in un antico pozzo interamente ricoperto dalla pietra lavica dell’eruzione del 1669. Un posto leggendario, dove un tempo, proprio sul fondo delle acque che vi scorrevano, erano visibili delle macchie di colore rossastro. Delle incrostazioni di magnesio e ferro che nell’immaginario dei Catanesi sono diventate le macchie del sangue di Gammazita. La leggenda narra di una fanciulla catanese di nome Gammazita, bellissima e di grande virtù. Di lei si invaghì un soldato francese, le cui avances furono però disprezzate dalla giovane, che era già fidanzata. Proprio nel giorno del suo matrimonio, mentre Gammazita si recava come sempre a prendere l'acqua, il soldato la aggredì violentemente e la ragazza, vistasi preclusa ogni via di scampo, preferì gettarsi nel vicino pozzo piuttosto che cedere al disonore.
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Pozzo di Gammazita
25 Via S. Calogero
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A pochi passi dal Castello Ursino, percorrendo la via S. Calogero, ci si imbatte in un antico pozzo interamente ricoperto dalla pietra lavica dell’eruzione del 1669. Un posto leggendario, dove un tempo, proprio sul fondo delle acque che vi scorrevano, erano visibili delle macchie di colore rossastro. Delle incrostazioni di magnesio e ferro che nell’immaginario dei Catanesi sono diventate le macchie del sangue di Gammazita. La leggenda narra di una fanciulla catanese di nome Gammazita, bellissima e di grande virtù. Di lei si invaghì un soldato francese, le cui avances furono però disprezzate dalla giovane, che era già fidanzata. Proprio nel giorno del suo matrimonio, mentre Gammazita si recava come sempre a prendere l'acqua, il soldato la aggredì violentemente e la ragazza, vistasi preclusa ogni via di scampo, preferì gettarsi nel vicino pozzo piuttosto che cedere al disonore.
Costruito su progetto dell’architetto milanese Carlo Sada, l’inaugurazione ebbe luogo il 31 maggio del 1890 con “Norma”, il capolavoro di Vincenzo Bellini. Nei cent’anni della sua esistenza questo centro propulsore della vita musicale catanese ha visto passare sulle tavole del suo palcoscenico molti tra i maggiori musicisti dei Novecento
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Teatru Massimo Bellini
12 Via Giuseppe Perrotta
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Costruito su progetto dell’architetto milanese Carlo Sada, l’inaugurazione ebbe luogo il 31 maggio del 1890 con “Norma”, il capolavoro di Vincenzo Bellini. Nei cent’anni della sua esistenza questo centro propulsore della vita musicale catanese ha visto passare sulle tavole del suo palcoscenico molti tra i maggiori musicisti dei Novecento
Misurando 105 metri di lunghezza e di larghezza 48 metri le navate e circa 71 metri al transetto, con un’altezza massima di circa 66 metri alla cupola, è la più grande della Sicilia. Il primo tempio eretto dai benedettini a Catania venne titolato Sancti Nicolai de Arenis, letteralmente San Nicola dell’Arena poi traslitterato nell’attuale denominazione, e prende spunto dalla devozione dei monaci a San Nicola di Bari e dalla terra chiamata rena rossa che caratterizzò il primo complesso monastico eretto a Nicolosi da cui provenivano i monaci che fondarono il grandioso Monastero di San Nicolò l’Arena. La chiesa di San Nicolò ha una storia lunga e travagliata. L’impianto originale risalirebbe alla fine del Cinquecento, ma la colata lavica del 1669 prima, e il terremoto del 1693 poi, la distrussero completamente. Fu poi ricostruita fra la fine del 1600 e la fine del 1700. La facciata rimase comunque incompleta. Durante la seconda guerra mondiale fu, poi, gravemente danneggiata dai bombardamenti. Pregevolissimi l’immenso organo in legno e oro di 2916 canne, realizzato da Donato Del Piano. L'organo poteva riprodurre qualsiasi strumento musicale ed essere suonato in contemporanea da tre organisti. Altra particolarità è la grande meridiana, posta nel transetto, costruita nel 1839, celebre per le enormi dimensioni e per la precisione dei calcoli. Costruita dagli astronomi Wolfrang Sartorius barone di Waltershausen di Gottinga e dal prof. Cristiano Peters di Flensburgo. Sulla fascia marmorea, il cui tracciato si estende per circa 40 metri, sono segnate le ore, i giorni e i mesi, nonché i segni zodiacali e varie iscrizioni che forniscono notizie sull’opera, sui suoi ideatori, sull’interpretazione corretta di tutti i dati, sui rapporti tra le varie unità di misura in uso al tempo. Al suo interno è presente anche il Sacrario dei Caduti ornato dagli affreschi di Alessandro Abate.
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Chiesa di San Nicolò l'arena
12 Piazza Dante Alighieri
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Misurando 105 metri di lunghezza e di larghezza 48 metri le navate e circa 71 metri al transetto, con un’altezza massima di circa 66 metri alla cupola, è la più grande della Sicilia. Il primo tempio eretto dai benedettini a Catania venne titolato Sancti Nicolai de Arenis, letteralmente San Nicola dell’Arena poi traslitterato nell’attuale denominazione, e prende spunto dalla devozione dei monaci a San Nicola di Bari e dalla terra chiamata rena rossa che caratterizzò il primo complesso monastico eretto a Nicolosi da cui provenivano i monaci che fondarono il grandioso Monastero di San Nicolò l’Arena. La chiesa di San Nicolò ha una storia lunga e travagliata. L’impianto originale risalirebbe alla fine del Cinquecento, ma la colata lavica del 1669 prima, e il terremoto del 1693 poi, la distrussero completamente. Fu poi ricostruita fra la fine del 1600 e la fine del 1700. La facciata rimase comunque incompleta. Durante la seconda guerra mondiale fu, poi, gravemente danneggiata dai bombardamenti. Pregevolissimi l’immenso organo in legno e oro di 2916 canne, realizzato da Donato Del Piano. L'organo poteva riprodurre qualsiasi strumento musicale ed essere suonato in contemporanea da tre organisti. Altra particolarità è la grande meridiana, posta nel transetto, costruita nel 1839, celebre per le enormi dimensioni e per la precisione dei calcoli. Costruita dagli astronomi Wolfrang Sartorius barone di Waltershausen di Gottinga e dal prof. Cristiano Peters di Flensburgo. Sulla fascia marmorea, il cui tracciato si estende per circa 40 metri, sono segnate le ore, i giorni e i mesi, nonché i segni zodiacali e varie iscrizioni che forniscono notizie sull’opera, sui suoi ideatori, sull’interpretazione corretta di tutti i dati, sui rapporti tra le varie unità di misura in uso al tempo. Al suo interno è presente anche il Sacrario dei Caduti ornato dagli affreschi di Alessandro Abate.
È un importante edificio monastico benedettino, conosciuto dai catanesi come "Monastero dei Benedettini". Fu fondato, infatti, da monaci benedettini provenienti dall'omonimo monastero situato nei pressi di Nicolosi che a metà del XVI secolo chiesero al senato cittadino l'autorizzazione a edificare entro le mura, poiché minacciati dalle eruzioni dell'Etna e dalla presenza di briganti. È ritenuto per estensione il secondo monastero benedettino più grande d'Europa. Nel 2002 viene inserito nell'elenco del patrimonio mondiale dell'UNESCO come "gioiello del tardo-barocco siciliano" facente parte all'itinerario del "tardo-barocco siciliano della Val di Noto". Al suo interno è possibile ammirare due domus romane, chiostri, un giardino pensile, scorci di grande impatto, dettagli architettonici pregevolissimi, lunghi corridoi che incorniciano i luoghi della quotidianità benedettina.
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Il-Monasteru tal-Benedettini
32 Piazza Dante Alighieri
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È un importante edificio monastico benedettino, conosciuto dai catanesi come "Monastero dei Benedettini". Fu fondato, infatti, da monaci benedettini provenienti dall'omonimo monastero situato nei pressi di Nicolosi che a metà del XVI secolo chiesero al senato cittadino l'autorizzazione a edificare entro le mura, poiché minacciati dalle eruzioni dell'Etna e dalla presenza di briganti. È ritenuto per estensione il secondo monastero benedettino più grande d'Europa. Nel 2002 viene inserito nell'elenco del patrimonio mondiale dell'UNESCO come "gioiello del tardo-barocco siciliano" facente parte all'itinerario del "tardo-barocco siciliano della Val di Noto". Al suo interno è possibile ammirare due domus romane, chiostri, un giardino pensile, scorci di grande impatto, dettagli architettonici pregevolissimi, lunghi corridoi che incorniciano i luoghi della quotidianità benedettina.
La Basilica della Collegiata è una delle chiese più antiche di Catania risalente al tardo barocco. Prima dell’attuale edificio sorgeva in questa zona un capitello votivo risalente ai primi secoli del cristianesimo e che prese il nome dalla sacra icona di Maria Santissima dell’Elemosina. Il tempio assunse un’importanza sempre maggiore. Nel tempo fu frequentato dalla famiglia reale degli Aragonesi e per questo nel 1396 ebbe il titolo di “Regia Cappella”. Successivamente, nel 1446, Papa Eugenio IV vi istituì un Collegio dei Canonici, da cui deriva il nome attuale di “Collegiata”. Dopo il disastroso terremoto del 1693, la Basilica della Collegiata venne ricostruita e fu spostato l'ingresso direttamente su via Etnea. La particolarità della facciata settecentesca è racchiusa nelle sue strutture morbide. Un alternarsi di elementi concavi e convessi che richiamano la forma di un organo e danno alla Chiesa una magnifica armonia. All'interno, di notevole rilievo i due affreschi del pittore Giuseppe Schiuti che raffigurano: uno l’antica edicola della Madonna e l’altro rievoca la consegna della bolla da parte del Papa Eugenio IV. Dietro l’altare maggiore è posto un organo ligneo dorato con intagli del XVIII secolo. Numerose le tombe di nobili e benefattori riccamente decorate.
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Basilika Kolleġġjata
23 Via Etnea
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La Basilica della Collegiata è una delle chiese più antiche di Catania risalente al tardo barocco. Prima dell’attuale edificio sorgeva in questa zona un capitello votivo risalente ai primi secoli del cristianesimo e che prese il nome dalla sacra icona di Maria Santissima dell’Elemosina. Il tempio assunse un’importanza sempre maggiore. Nel tempo fu frequentato dalla famiglia reale degli Aragonesi e per questo nel 1396 ebbe il titolo di “Regia Cappella”. Successivamente, nel 1446, Papa Eugenio IV vi istituì un Collegio dei Canonici, da cui deriva il nome attuale di “Collegiata”. Dopo il disastroso terremoto del 1693, la Basilica della Collegiata venne ricostruita e fu spostato l'ingresso direttamente su via Etnea. La particolarità della facciata settecentesca è racchiusa nelle sue strutture morbide. Un alternarsi di elementi concavi e convessi che richiamano la forma di un organo e danno alla Chiesa una magnifica armonia. All'interno, di notevole rilievo i due affreschi del pittore Giuseppe Schiuti che raffigurano: uno l’antica edicola della Madonna e l’altro rievoca la consegna della bolla da parte del Papa Eugenio IV. Dietro l’altare maggiore è posto un organo ligneo dorato con intagli del XVIII secolo. Numerose le tombe di nobili e benefattori riccamente decorate.
Situata poco distante da Piazza Duomo, lungo la via Etnea, piazza Università prende il nome dal palazzo del Siculorum Gymnasium meglio conosciuto come Palazzo Università. La caratteristica di questa piazza sono i quattro lampioni in bronzo ai suoi angoli che raffigurano quattro personaggi delle storie popolari catanesi, in ordine: la giovane Gammazita, il marinaio Cola Pesce dalle doti subacquee, i fratelli Anfinomo e Anapia e il leggendario paladino catanese Uzeta. Il pavimento è interamente lastricato in pietra lavica e al centro è posto in rilievo lo stemma della città. Il palazzo dell'università che domina la piazza, come tutti i palazzi di Catania, fu ricostruito dopo il disastroso terremoto del 1693. All'interno possiede una splendida Aula magna affrescata da Giovan Battista Piparo. Sulla parete che fa da sfondo al "podio accademico", è appeso un arazzo con lo stemma della dinastia di Aragona. La Biblioteca dell'Università conserva dei preziosi codici, incunaboli, manoscritti e lettere autografe oltre a 200.000 volumi.
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Palazzo Università
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Situata poco distante da Piazza Duomo, lungo la via Etnea, piazza Università prende il nome dal palazzo del Siculorum Gymnasium meglio conosciuto come Palazzo Università. La caratteristica di questa piazza sono i quattro lampioni in bronzo ai suoi angoli che raffigurano quattro personaggi delle storie popolari catanesi, in ordine: la giovane Gammazita, il marinaio Cola Pesce dalle doti subacquee, i fratelli Anfinomo e Anapia e il leggendario paladino catanese Uzeta. Il pavimento è interamente lastricato in pietra lavica e al centro è posto in rilievo lo stemma della città. Il palazzo dell'università che domina la piazza, come tutti i palazzi di Catania, fu ricostruito dopo il disastroso terremoto del 1693. All'interno possiede una splendida Aula magna affrescata da Giovan Battista Piparo. Sulla parete che fa da sfondo al "podio accademico", è appeso un arazzo con lo stemma della dinastia di Aragona. La Biblioteca dell'Università conserva dei preziosi codici, incunaboli, manoscritti e lettere autografe oltre a 200.000 volumi.
Considerato uno dei quartieri più caratteristici della città di Catania, l’antico borgo marinaro di Ognina ha dietro di sé una storia lunga secoli fatta di miti ellenici ed eruzioni catastrofiche. Il Porto di Ulisse, costruito dai Calcidesi nel VIII sec. a.C, rappresentò un importante scalo marittimo la cui borgata divenne uno dei principali centri dei commerci via mare tra la provincia catanese e i luoghi dove i prodotti erano destinati. Deteneva anche il primato nella costruzione di imbarcazioni. Negli anni ’50 i maestri d’ascia di Ognina erano conosciuti in gran parte della Sicilia ed erano considerati i migliori della costa orientale etnea. Oggi rimane poco del grande Porto di Ulisse (oggi sepolto sotto il lungomare di Catania a seguito di un’eruzione). Al suo posto è stato costruito il Porticciolo di Ognina. La borgata di Ognina è indissolubilmente legata all’Odissea di Omero, precisamente al mito di Ulisse, il quale scelse di sbarcare con i suoi uomini lungo la frastagliata costa catanese. Esiste un filo invisibile che lega il mondo ellenico con il quartiere catanese di Ognina. Oltre alla leggenda di Ulisse, si narra che un tempo sorgeva sulla spiaggetta di Ognina un tempio dorico dedicato alla dea Athena Longatis, dea della sapienza e protettrice della battaglie in mare. Secondo la mitologia, fu la dea ad insegnare agli uomini a navigare. Per questo motivo in seguito è sempre stata venerata dai marinai prima di addentrarvisi in mare. Oggi l’antico tempio dorico non esiste più. Il tempio scomparve infatti nel ‘300: dopo innumerevoli terremoti che colpirono Catania e Ognina, gli abitanti del luogo vollero che si costruisse un luogo dedito al culto religioso. La chiesa che fu costruita all’epoca dal Vescovo Simone del Pozzo è stata però, a seguito di un terremoto nel ‘600, totalmente distrutta. Sulle rovine venne edificata una nuova chiesa. Oggi la chiesa di Santa Maria di Ognina conserva delle precedenti abbazie un’antica acquasantiera e un dipinto raffigurante la Sacra Famiglia, entrambi di datazione incerta. Il borgo ospita la seconda festa più importante della città dopo quella della patrona Sant'Agata: la festa in onore alla Santa Vergine Maria si festeggia ogni anno l’8 settembre detta in dialetto “A festa da Bammina". L'aspetto più significativo della festa è sicuramente la processione della Madonna a mare, momento singolare ed emozionante. Essa è un miscuglio di cultura e folklore locale: la folla aggrappata alle rive e agli scogli del Golfo, le barche e i pescherecci addobbati a festa, i canti, le preghiere e i lumini colorati accesi e galleggianti sulle acque del mare regalano un fascino speciale alla festività religiosa.
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Ognina
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Considerato uno dei quartieri più caratteristici della città di Catania, l’antico borgo marinaro di Ognina ha dietro di sé una storia lunga secoli fatta di miti ellenici ed eruzioni catastrofiche. Il Porto di Ulisse, costruito dai Calcidesi nel VIII sec. a.C, rappresentò un importante scalo marittimo la cui borgata divenne uno dei principali centri dei commerci via mare tra la provincia catanese e i luoghi dove i prodotti erano destinati. Deteneva anche il primato nella costruzione di imbarcazioni. Negli anni ’50 i maestri d’ascia di Ognina erano conosciuti in gran parte della Sicilia ed erano considerati i migliori della costa orientale etnea. Oggi rimane poco del grande Porto di Ulisse (oggi sepolto sotto il lungomare di Catania a seguito di un’eruzione). Al suo posto è stato costruito il Porticciolo di Ognina. La borgata di Ognina è indissolubilmente legata all’Odissea di Omero, precisamente al mito di Ulisse, il quale scelse di sbarcare con i suoi uomini lungo la frastagliata costa catanese. Esiste un filo invisibile che lega il mondo ellenico con il quartiere catanese di Ognina. Oltre alla leggenda di Ulisse, si narra che un tempo sorgeva sulla spiaggetta di Ognina un tempio dorico dedicato alla dea Athena Longatis, dea della sapienza e protettrice della battaglie in mare. Secondo la mitologia, fu la dea ad insegnare agli uomini a navigare. Per questo motivo in seguito è sempre stata venerata dai marinai prima di addentrarvisi in mare. Oggi l’antico tempio dorico non esiste più. Il tempio scomparve infatti nel ‘300: dopo innumerevoli terremoti che colpirono Catania e Ognina, gli abitanti del luogo vollero che si costruisse un luogo dedito al culto religioso. La chiesa che fu costruita all’epoca dal Vescovo Simone del Pozzo è stata però, a seguito di un terremoto nel ‘600, totalmente distrutta. Sulle rovine venne edificata una nuova chiesa. Oggi la chiesa di Santa Maria di Ognina conserva delle precedenti abbazie un’antica acquasantiera e un dipinto raffigurante la Sacra Famiglia, entrambi di datazione incerta. Il borgo ospita la seconda festa più importante della città dopo quella della patrona Sant'Agata: la festa in onore alla Santa Vergine Maria si festeggia ogni anno l’8 settembre detta in dialetto “A festa da Bammina". L'aspetto più significativo della festa è sicuramente la processione della Madonna a mare, momento singolare ed emozionante. Essa è un miscuglio di cultura e folklore locale: la folla aggrappata alle rive e agli scogli del Golfo, le barche e i pescherecci addobbati a festa, i canti, le preghiere e i lumini colorati accesi e galleggianti sulle acque del mare regalano un fascino speciale alla festività religiosa.
Riceve, custodisce e rende fruibile la documentazione relativa a pratiche esaurite da almeno quarant'anni, prodotta e versata periodicamente dagli Uffici dell'Amministrazione Comunale e destinata alla conservazione permanente per fini storici. L'istituto custodisce, più di 8.000 tra buste, volumi e registri che coprono un arco di tempo dal 1820 al 1986. Il nucleo originario del patrimonio documentario è rappresentato da quanto sopravvissuto all’incendio del Palazzo Municipale, verificatosi il 14 dicembre 1944, dai periodici versamenti nonché dalle acquisizioni effettuate presso archivi e biblioteche, tra il 1957 ed il 1974, dalla Commissione per la Ricostituzione dell’Archivio Storico Comunale con l’intento di restituire alla città, almeno parzialmente memoria dello scomparso archivio civico. l'archivio custodisce il “Fondo Eredi Verga” contenente lettere, carteggi, atti giudiziari, contabilità libri, ed altra varia documentazione, accumulatasi in quasi due secoli di vita della famiglia.
Archivio storico del Comune di Catania
2 Via Sant'Agata
Riceve, custodisce e rende fruibile la documentazione relativa a pratiche esaurite da almeno quarant'anni, prodotta e versata periodicamente dagli Uffici dell'Amministrazione Comunale e destinata alla conservazione permanente per fini storici. L'istituto custodisce, più di 8.000 tra buste, volumi e registri che coprono un arco di tempo dal 1820 al 1986. Il nucleo originario del patrimonio documentario è rappresentato da quanto sopravvissuto all’incendio del Palazzo Municipale, verificatosi il 14 dicembre 1944, dai periodici versamenti nonché dalle acquisizioni effettuate presso archivi e biblioteche, tra il 1957 ed il 1974, dalla Commissione per la Ricostituzione dell’Archivio Storico Comunale con l’intento di restituire alla città, almeno parzialmente memoria dello scomparso archivio civico. l'archivio custodisce il “Fondo Eredi Verga” contenente lettere, carteggi, atti giudiziari, contabilità libri, ed altra varia documentazione, accumulatasi in quasi due secoli di vita della famiglia.

Mercati della Città

Per i catanesi "'A Piscaria", come la fiera è un luogo che va visitato per vivere l'energia della città. È l'antico mercato del pesce della città di Catania ed è inserito nel percorso turistico per il contenuto di folclore che si respira passando fra i banchi dei pescivendoli. I banchi si trovano dall'inizio dell'Ottocento nel tunnel scavato nel Cinquecento sotto il Palazzo del Seminario dei Chierici e le mura di Carlo V, di fronte agli Archi della Marina, un tempo immersi nelle acque del sottostante porticciolo di pescatori.
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Suq tal-Ħut ta 'Catania
Via Bottino
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Per i catanesi "'A Piscaria", come la fiera è un luogo che va visitato per vivere l'energia della città. È l'antico mercato del pesce della città di Catania ed è inserito nel percorso turistico per il contenuto di folclore che si respira passando fra i banchi dei pescivendoli. I banchi si trovano dall'inizio dell'Ottocento nel tunnel scavato nel Cinquecento sotto il Palazzo del Seminario dei Chierici e le mura di Carlo V, di fronte agli Archi della Marina, un tempo immersi nelle acque del sottostante porticciolo di pescatori.

Getting Around

Piazza Principessa IoIanda
Piazza Principessa IoIanda

Siti romani

L'anfiteatro romano di Catania, di cui è visibile solo una piccola sezione nella parte occidentale della piazza Stesicoro, è una imponente struttura costruita in epoca imperiale romana, probabilmente nel II secolo, ai margini settentrionali della città antica, a ridosso della collina Montevergine che ospitava il nucleo principale dell'abitato. La zona dove sorge, ora parte del centro storico della città, in passato era adibita a necropoli. Esso fa parte del Parco archeologico greco-romano di Catania ed è secondo per dimensioni solo al Colosseo.
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Amfiteatru Romain ta 'Catania
Piazza Stesicoro
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L'anfiteatro romano di Catania, di cui è visibile solo una piccola sezione nella parte occidentale della piazza Stesicoro, è una imponente struttura costruita in epoca imperiale romana, probabilmente nel II secolo, ai margini settentrionali della città antica, a ridosso della collina Montevergine che ospitava il nucleo principale dell'abitato. La zona dove sorge, ora parte del centro storico della città, in passato era adibita a necropoli. Esso fa parte del Parco archeologico greco-romano di Catania ed è secondo per dimensioni solo al Colosseo.
Il teatro romano di Catania è situato nel centro storico della città. Si presume che la costruzione del Teatro Romano, che riusciva ad ospitare circa 7000 spettatori, risalga al II sec. d.C., e che esso sia stato realizzato su una struttura preesistente di età greca costruita nell’antica acropoli di Catania. In un diametro di circa 80 metri, sono ancora visibili l’orchestra, la cavea e alcune parti della scena. Il teatro fu spogliato dei marmi e delle pietre che lo componevano nel 1098, per volere del Conte Ruggero, al fine di velocizzare la costruzione della Cattedrale di Sant'Agata.
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Teatru Ruman ta 'Catania
266 Via Vittorio Emanuele II
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Il teatro romano di Catania è situato nel centro storico della città. Si presume che la costruzione del Teatro Romano, che riusciva ad ospitare circa 7000 spettatori, risalga al II sec. d.C., e che esso sia stato realizzato su una struttura preesistente di età greca costruita nell’antica acropoli di Catania. In un diametro di circa 80 metri, sono ancora visibili l’orchestra, la cavea e alcune parti della scena. Il teatro fu spogliato dei marmi e delle pietre che lo componevano nel 1098, per volere del Conte Ruggero, al fine di velocizzare la costruzione della Cattedrale di Sant'Agata.
Le terme, ancora in buono stato di conservazione, sono uno degli edifici romani ancora visibili in città. È ancora visibile all'interno l'originaria struttura, composta da dieci ambienti chiusi e da alcune stanze rettangolari, tra le quali è facile distinguere calidarium e frigidarium, le fornaci, i condotti d’areazione, i canali di scolo e di raccolta delle acque. La presenza dell’edificio termale dimostra quanto fosse sviluppata la città in epoca tardo-romana.
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Terme dell'Indirizzo, Roman baths
Piazza Currò
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Le terme, ancora in buono stato di conservazione, sono uno degli edifici romani ancora visibili in città. È ancora visibile all'interno l'originaria struttura, composta da dieci ambienti chiusi e da alcune stanze rettangolari, tra le quali è facile distinguere calidarium e frigidarium, le fornaci, i condotti d’areazione, i canali di scolo e di raccolta delle acque. La presenza dell’edificio termale dimostra quanto fosse sviluppata la città in epoca tardo-romana.
L’edificio termale detto “la Rotonda” è situato in una delle zone più caratteristiche di Catania. È immerso in una serie di strade e vicoli nella zona più antica della città. Come quasi tutti gli edifici di epoca romana, le terme sono sopravvissute al terribile terremoto del 1693. Gli studiosi, per molto tempo, le hanno considerate esempio di abilità costruttiva. Inoltre, secondo alcuni esperti, esse potrebbero essere state il modello costruttivo per la realizzazione del ben più celebre Pantheon a Roma.
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Archaeological Complex Terme della Rotonda
Via della Mecca
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L’edificio termale detto “la Rotonda” è situato in una delle zone più caratteristiche di Catania. È immerso in una serie di strade e vicoli nella zona più antica della città. Come quasi tutti gli edifici di epoca romana, le terme sono sopravvissute al terribile terremoto del 1693. Gli studiosi, per molto tempo, le hanno considerate esempio di abilità costruttiva. Inoltre, secondo alcuni esperti, esse potrebbero essere state il modello costruttivo per la realizzazione del ben più celebre Pantheon a Roma.
Uno dei complessi termali di età romana. Le terme Achilliane si estendono sotto il livello calpestabile del Duomo e della piazza fino a via Garibaldi. Vi si accede tramite una porta posta sul lato destro della facciata della Cattedrale.  L’eruzione lavica del 1669, e il successivo terremoto del 1693, coprirono il complesso termale che fu riportato alla luce per volere del Principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello. Le strutture dell’edificio si sono conservate intatte, il locale più ampio di forma quadrata presenta volte a crociera sorrette da quattro imponenti pilastri; all’interno della vasca rivestita in marmo è ancora visibile una struttura in ferro alla quale presumibilmente i bagnanti si appoggiavano per entrare in acqua. Inoltrandosi nella parte occidentale dell’edificio è possibile scorgere il fiume Amenano che scorre e intravedere le fondamenta della fontana dell’Elefante. Nelle volte della stanza quadrata sono ancora visibili gli affreschi di epoca classica che rappresentano scene di carattere agreste e tralci di vite, dalle quali deriva il nome di “bagno di Bacco”, utilizzato nel passato da alcuni storici per identificare questo complesso termale.
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Terme Achilliane
8 Piazza del Duomo
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Uno dei complessi termali di età romana. Le terme Achilliane si estendono sotto il livello calpestabile del Duomo e della piazza fino a via Garibaldi. Vi si accede tramite una porta posta sul lato destro della facciata della Cattedrale.  L’eruzione lavica del 1669, e il successivo terremoto del 1693, coprirono il complesso termale che fu riportato alla luce per volere del Principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello. Le strutture dell’edificio si sono conservate intatte, il locale più ampio di forma quadrata presenta volte a crociera sorrette da quattro imponenti pilastri; all’interno della vasca rivestita in marmo è ancora visibile una struttura in ferro alla quale presumibilmente i bagnanti si appoggiavano per entrare in acqua. Inoltrandosi nella parte occidentale dell’edificio è possibile scorgere il fiume Amenano che scorre e intravedere le fondamenta della fontana dell’Elefante. Nelle volte della stanza quadrata sono ancora visibili gli affreschi di epoca classica che rappresentano scene di carattere agreste e tralci di vite, dalle quali deriva il nome di “bagno di Bacco”, utilizzato nel passato da alcuni storici per identificare questo complesso termale.

Palazzi storici

È il più importante palazzo privato di Catania e preziosa testimonianza del barocco siciliano. Sorge su un tratto delle mura cinquecentesche della Città, sulle quali, subito dopo il terremoto del 1693, Ignazio Paternò Castello III Principe di Biscari ottenne il permesso di elevare il palazzo. Ha ospitato e ricevuto eminenti personalità da tutto il mondo, fra cui anche Goethe e la Regina Madre di Inghilterra. Il palazzo è ancora oggi in gran parte abitato dai discendenti della famiglia. All’interno, oltre alle seicento stanze, forse anche qualcuna in più, si trova il “salone delle feste”, di stile rococò dalla complessa decorazione fatta di specchi stucchi e affreschi. Il salone è talmente grande che durante la seconda guerra mondiale, i soldati inglesi, lo usarono come campo da tennis, come dimostra anche un buco su un ritratto ancora visibile. Le stanze principali sono spesso usate per manifestazioni di prestigio di carattere mondano e culturale.
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Palazzo Biscari
10 Via Museo Biscari
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È il più importante palazzo privato di Catania e preziosa testimonianza del barocco siciliano. Sorge su un tratto delle mura cinquecentesche della Città, sulle quali, subito dopo il terremoto del 1693, Ignazio Paternò Castello III Principe di Biscari ottenne il permesso di elevare il palazzo. Ha ospitato e ricevuto eminenti personalità da tutto il mondo, fra cui anche Goethe e la Regina Madre di Inghilterra. Il palazzo è ancora oggi in gran parte abitato dai discendenti della famiglia. All’interno, oltre alle seicento stanze, forse anche qualcuna in più, si trova il “salone delle feste”, di stile rococò dalla complessa decorazione fatta di specchi stucchi e affreschi. Il salone è talmente grande che durante la seconda guerra mondiale, i soldati inglesi, lo usarono come campo da tennis, come dimostra anche un buco su un ritratto ancora visibile. Le stanze principali sono spesso usate per manifestazioni di prestigio di carattere mondano e culturale.
Palazzo Platamone sorge nel cuore del centro storico catanese, e il suo nome, originariamente, spiegava la sua estrema vicinanza al mare. Sì chiamava, infatti, Palazzo Platamone alla Marina. Era di proprietà della famiglia dei Platamuni, un ricco casato con interessi commerciali, politici ed ecclesiastici. La tradizione vuole che la struttura sorgesse sui resti del tempio dedicato al dio Bacco. La sua destinazione venne modificata quando, nel XV secolo, i Platamuni donarono il palazzo alla Chiesa che ne fece un convento per monache, con le quali la famiglia abitò per un certo periodo. Distrutto dal terremoto del 1693 l’ex Palazzo Platamone, ribattezzato Convento di San Placido, fu raso al suolo per procedere alla ricostruzione, i cui lavori durarono oltre cento anni. Gli edifici del monastero inglobano i resti del palazzo nobiliare "alla marina" della famiglia dei Platamone. Sono tre i livelli del palazzo, ma solo nel cortile, sono visibili i resti della versione risalente al quindicesimo secolo, al centro dei quali si trova un archivolto dove è collocato lo stemma della famiglia che ha dato il nome alla Palazzo: un monte sovrastato da tre conchiglie sulle quali c’è un giglio. Quest’ultima è l’unica testimonianza visibile della città taromedievale. Oggi Palazzo Platamone è sede dell’assessorato comunale alla Cultura e al suo nome si aggiunge anche quello di Palazzo della Cultura: i suoi cortili e le sue stanze pullulano di eventi culturali che spesso lo fanno rimanere aperto fino a tarda notte.
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Palazzo Platamone
Via Vittorio Emanuele II
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Palazzo Platamone sorge nel cuore del centro storico catanese, e il suo nome, originariamente, spiegava la sua estrema vicinanza al mare. Sì chiamava, infatti, Palazzo Platamone alla Marina. Era di proprietà della famiglia dei Platamuni, un ricco casato con interessi commerciali, politici ed ecclesiastici. La tradizione vuole che la struttura sorgesse sui resti del tempio dedicato al dio Bacco. La sua destinazione venne modificata quando, nel XV secolo, i Platamuni donarono il palazzo alla Chiesa che ne fece un convento per monache, con le quali la famiglia abitò per un certo periodo. Distrutto dal terremoto del 1693 l’ex Palazzo Platamone, ribattezzato Convento di San Placido, fu raso al suolo per procedere alla ricostruzione, i cui lavori durarono oltre cento anni. Gli edifici del monastero inglobano i resti del palazzo nobiliare "alla marina" della famiglia dei Platamone. Sono tre i livelli del palazzo, ma solo nel cortile, sono visibili i resti della versione risalente al quindicesimo secolo, al centro dei quali si trova un archivolto dove è collocato lo stemma della famiglia che ha dato il nome alla Palazzo: un monte sovrastato da tre conchiglie sulle quali c’è un giglio. Quest’ultima è l’unica testimonianza visibile della città taromedievale. Oggi Palazzo Platamone è sede dell’assessorato comunale alla Cultura e al suo nome si aggiunge anche quello di Palazzo della Cultura: i suoi cortili e le sue stanze pullulano di eventi culturali che spesso lo fanno rimanere aperto fino a tarda notte.
La costruzione del palazzo iniziò nei primi anni del 1700. I decori e l'arredamento della sale di rappresentanza, nonché i rivestimenti marmorei e gli affreschi del grandioso scalone d'onore, furono cura di uno dei principali eredi della famiglia Paternò del Toscano. Per i decori furono chiamati i migliori artisti disponibili in quel momento sulla piazza catanese.
Palazzo Del Toscano
38 Piazza Stesicoro
La costruzione del palazzo iniziò nei primi anni del 1700. I decori e l'arredamento della sale di rappresentanza, nonché i rivestimenti marmorei e gli affreschi del grandioso scalone d'onore, furono cura di uno dei principali eredi della famiglia Paternò del Toscano. Per i decori furono chiamati i migliori artisti disponibili in quel momento sulla piazza catanese.
La villa fu progettata su commissione del principe Manganelli per le sue terze nozze e iniziata a costruire nel 1907 su un piano di terreno rialzato in quella che allora era una zona di campagna periferica di espansione non ancora inglobata interamente dalla città. Anche quando venne ultimato il cantiere la villa non fu mai abitata e subì vari rimaneggiamenti nel corso del tempo. Dopo esser stata restaurata, viene oggi utilizzata per l'organizzazione di ricevimenti ed eventi. La villa presenta evidenti influssi e motivi liberty.
Villa Manganelli
41 Corso Italia
La villa fu progettata su commissione del principe Manganelli per le sue terze nozze e iniziata a costruire nel 1907 su un piano di terreno rialzato in quella che allora era una zona di campagna periferica di espansione non ancora inglobata interamente dalla città. Anche quando venne ultimato il cantiere la villa non fu mai abitata e subì vari rimaneggiamenti nel corso del tempo. Dopo esser stata restaurata, viene oggi utilizzata per l'organizzazione di ricevimenti ed eventi. La villa presenta evidenti influssi e motivi liberty.

Luoghi di Sant'Agata

Tutto in onore della "Santuzza", così come la chiamano gli abitanti della città di Catania. Agata subì il martirio da giovanissima da parte del proconsole Quinzano che si era invaghito di lei. Figlia di una nobile famiglia catanese di religione cristiana, non ripudiò mai la sua fede e subì sofferenze inaudite. Dal digiuno alle torture fisiche, alla fustigazione e persino l’atroce strappo delle mammelle che, si narra, le ricrebbero prodigiosamente durante la notte, grazie all’intervento di San Pietro. E infine, la morte in carcere, il 5 febbraio del 251 d.C, giorno dei solenni festeggiamenti. Le reliquie, compreso il velo che si racconta abbia più volte fermato l’avanzare della lava dell’Etna, sono conservate nella Cattedrale, in Piazza Duomo. Il fercolo o “vara”, che le trasporta, è esposto al piano terra del Museo Diocesano ed è un capolavoro di intarsi.
La cattedrale è dedicata alla Santa Patrona e ne custodisce le reliquie. Fu costruita per volere del Conte Ruggero sulle rovine delle terme Achilliane, i cui resti sono visitabili accedendo ai sotterranei. La Cattedrale risale all’epoca normanna tra il 1078 e il 1093. Per renderne più rapida la costruzione, il Conte Ruggero ordinò che la pietra lavica necessaria fosse estratta dall’anfiteatro e dal teatro romano di età imperiale. Completamente distrutto dal terremoto del 1693, il Duomo deve la sua attuale “fisionomia” all’arte del Vaccarini, che si occupò della sua ricostruzione tra il 1733 e il 1761. Numerose le opere conservate all’interno del Duomo, tra le quali meritano particolare attenzione il portale del transetto destro, risalente al 1545, e il portale quattrocentesco della cappella absidale destra, che conduce alla “camaredda” (stanza in cui è conservato il tesoro di S. Agata); di alto valore storico l’affresco raffigurante l’eruzione dell’Etna del 1669 collocato nella sagrestia. Inoltre è possibile vedere la tomba di Costanza d’Aragona, morta nel 1363, un sarcofago tardoromano (III sec. d.C.), che conserva le spoglie di alcuni sovrani aragonesi, e la tomba di Vincenzo Bellini.
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Il-Katidral ta 'Sant'Agata
Piazza del Duomo
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La cattedrale è dedicata alla Santa Patrona e ne custodisce le reliquie. Fu costruita per volere del Conte Ruggero sulle rovine delle terme Achilliane, i cui resti sono visitabili accedendo ai sotterranei. La Cattedrale risale all’epoca normanna tra il 1078 e il 1093. Per renderne più rapida la costruzione, il Conte Ruggero ordinò che la pietra lavica necessaria fosse estratta dall’anfiteatro e dal teatro romano di età imperiale. Completamente distrutto dal terremoto del 1693, il Duomo deve la sua attuale “fisionomia” all’arte del Vaccarini, che si occupò della sua ricostruzione tra il 1733 e il 1761. Numerose le opere conservate all’interno del Duomo, tra le quali meritano particolare attenzione il portale del transetto destro, risalente al 1545, e il portale quattrocentesco della cappella absidale destra, che conduce alla “camaredda” (stanza in cui è conservato il tesoro di S. Agata); di alto valore storico l’affresco raffigurante l’eruzione dell’Etna del 1669 collocato nella sagrestia. Inoltre è possibile vedere la tomba di Costanza d’Aragona, morta nel 1363, un sarcofago tardoromano (III sec. d.C.), che conserva le spoglie di alcuni sovrani aragonesi, e la tomba di Vincenzo Bellini.
La sua fondazione risale all'anno 264, quando il vescovo San Everio, quarto vescovo della diocesi, eresse una modesta edicola votiva nel luogo in cui la vergine Agata subì il martirio del taglio delle mammelle, tredici anni dopo la sua morte. Successivamente, l'edicola fu sostituita da un vero e proprio edificio di culto costruito, ad opera del vescovo San Severino, tra il 380 ed il 436. La chiesa di Sant'Agata la Vetere divenne sede della cattedra vescovile ed in essa sarebbero state trasferite le reliquie della martire dal loro originario luogo di sepoltura. Ampliata in forma basilicale nel 776 o 778, la chiesa fu la cattedrale della città per otto secoli, fino al 1089 o 1091 (quando il conte Ruggero dispose l'edificazione della nuova Cattedrale, consacrata nel 1094): per questo motivo fu indicata con l'appellativo la Vetere, cioè l'antica. Quasi totalmente distrutta dal terremoto del 1693, ad eccezione della cripta sotterranea, fu ricostruita nel 1722. È l'unica chiesa (oltre ovviamente all'odierna cattedrale) in cui il fercolo col busto reliquiario di Sant'Agata entra e stazione durante la festa.
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Chiesa Sant'Agata la Vetere
5 Piazza Vetere
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La sua fondazione risale all'anno 264, quando il vescovo San Everio, quarto vescovo della diocesi, eresse una modesta edicola votiva nel luogo in cui la vergine Agata subì il martirio del taglio delle mammelle, tredici anni dopo la sua morte. Successivamente, l'edicola fu sostituita da un vero e proprio edificio di culto costruito, ad opera del vescovo San Severino, tra il 380 ed il 436. La chiesa di Sant'Agata la Vetere divenne sede della cattedra vescovile ed in essa sarebbero state trasferite le reliquie della martire dal loro originario luogo di sepoltura. Ampliata in forma basilicale nel 776 o 778, la chiesa fu la cattedrale della città per otto secoli, fino al 1089 o 1091 (quando il conte Ruggero dispose l'edificazione della nuova Cattedrale, consacrata nel 1094): per questo motivo fu indicata con l'appellativo la Vetere, cioè l'antica. Quasi totalmente distrutta dal terremoto del 1693, ad eccezione della cripta sotterranea, fu ricostruita nel 1722. È l'unica chiesa (oltre ovviamente all'odierna cattedrale) in cui il fercolo col busto reliquiario di Sant'Agata entra e stazione durante la festa.
La chiesa costruita nel XVIII secolo, dopo il tremendo terremoto del 1693, sorge sul luogo ove, secondo la tradizione, era ubicata la fornace in cui Sant'Agata subì il martirio. Infatti, dopo essere stata rinchiusa in carcere per non aver voluto abiurare alla sua fede, Agata venne prima sottoposta alle torture con il fuoco e quindi le furono asportate le mammelle. All'interno della chiesa sono conservati e protetti da una teca proprio i resti della fornace (carcarella) in cui subì il martirio la Santa.
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Chiesa San Biagio in Sant'Agata alla Fornace
Piazza Stesicoro
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La chiesa costruita nel XVIII secolo, dopo il tremendo terremoto del 1693, sorge sul luogo ove, secondo la tradizione, era ubicata la fornace in cui Sant'Agata subì il martirio. Infatti, dopo essere stata rinchiusa in carcere per non aver voluto abiurare alla sua fede, Agata venne prima sottoposta alle torture con il fuoco e quindi le furono asportate le mammelle. All'interno della chiesa sono conservati e protetti da una teca proprio i resti della fornace (carcarella) in cui subì il martirio la Santa.
In questa chiesa, secondo la tradizione, Sant'Agata venne tenuta prigioniera. Agata vi viene rinchiusa per la prima volta in seguito al suo rifiuto di sacrificare agli dei pagani e vi ritorna dopo il tentativo di "rieducazione" presso la casa della corrottissima matrona Afrodisia. Iniziato il processo e le torture, la giovane viene ricondotta in carcere dopo aver subito il martirio dei seni, e qui riceve l'apparizione di San Pietro che la guarisce da tutte le sue ferite. Infine, dopo l'ultimo martirio della fornace, Agata viene nuovamente ricondotta in carcere e qui spira dopo aver elevato un'ultima preghiera, il 5 febbraio 251. Sulla parete destra del presbiterio, accanto all'ingresso del carcere, una grata conserva le orme di sant'Agata che secondo la tradizione rimasero impresse nella pietra lavica mentre la giovane veniva ricondotta in carcere dopo il martirio. Nella chiesa è conservata anche una parte della cassa con cui le reliquie furono riportate a Catania da Costantinopoli nel 1126 dai soldati Goselmo e Gisliberto, dopo che le stesse erano state trafugate nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace. Sulla destra del presbiterio, una piccola porta dà accesso a quello che la tradizione considera da sempre il carcere di sant'Agata.
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Church of Sant'Agata al Carcere
7 Piazza Santo Carcere
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In questa chiesa, secondo la tradizione, Sant'Agata venne tenuta prigioniera. Agata vi viene rinchiusa per la prima volta in seguito al suo rifiuto di sacrificare agli dei pagani e vi ritorna dopo il tentativo di "rieducazione" presso la casa della corrottissima matrona Afrodisia. Iniziato il processo e le torture, la giovane viene ricondotta in carcere dopo aver subito il martirio dei seni, e qui riceve l'apparizione di San Pietro che la guarisce da tutte le sue ferite. Infine, dopo l'ultimo martirio della fornace, Agata viene nuovamente ricondotta in carcere e qui spira dopo aver elevato un'ultima preghiera, il 5 febbraio 251. Sulla parete destra del presbiterio, accanto all'ingresso del carcere, una grata conserva le orme di sant'Agata che secondo la tradizione rimasero impresse nella pietra lavica mentre la giovane veniva ricondotta in carcere dopo il martirio. Nella chiesa è conservata anche una parte della cassa con cui le reliquie furono riportate a Catania da Costantinopoli nel 1126 dai soldati Goselmo e Gisliberto, dopo che le stesse erano state trafugate nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace. Sulla destra del presbiterio, una piccola porta dà accesso a quello che la tradizione considera da sempre il carcere di sant'Agata.
Di fianco al Duomo, affacciata sulla via Vittorio Emanuele, troviamo la chiesa della Badia di Sant’Agata. La chiesa e l’ex monastero annesso furono costruiti sulle rovine dell’antica chiesa e del convento dedicati a Sant’Agata, rasa al suolo dal terremoto del 1693. Per alcuni critici, l’edificio rappresenta il capolavoro artistico dell’architetto Vaccarini. In stile barocco siciliano, la Badia si presenta con un prospetto imponente caratterizzato da un movimento “a onde”, che conferisce un aspetto morbido e sinuoso a tutta la struttura. I giochi di concavità e convessità creano inoltre un’affascinante alternanza di luci e ombre.
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Chiesa della Badia di Sant'Agata
182 Via Vittorio Emanuele II
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Di fianco al Duomo, affacciata sulla via Vittorio Emanuele, troviamo la chiesa della Badia di Sant’Agata. La chiesa e l’ex monastero annesso furono costruiti sulle rovine dell’antica chiesa e del convento dedicati a Sant’Agata, rasa al suolo dal terremoto del 1693. Per alcuni critici, l’edificio rappresenta il capolavoro artistico dell’architetto Vaccarini. In stile barocco siciliano, la Badia si presenta con un prospetto imponente caratterizzato da un movimento “a onde”, che conferisce un aspetto morbido e sinuoso a tutta la struttura. I giochi di concavità e convessità creano inoltre un’affascinante alternanza di luci e ombre.
La struttura originaria di questo edificio, risalente al 1409 e costruita sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato a Bacco, fu completamente distrutta dal terremoto del 1693.  Si narra che la ricostruzione, su progetto dell’architetto Stefano Ittar, fu intrapresa per iniziativa delle uniche due suore sopravvissute al disastro del 1693, che abitavano il monastero annesso alla Chiesa. Riconsacrata nel 1723, e completata definitivamente nel 1769, è considerata un capolavoro dell’ultimo barocco siciliano. A differenza di altri edifici Settecenteschi della città, presenta la facciata in pietra bianca di Taormina e una particolare forma concava, in cui troneggiano le grandi finestre con le grate e la torre campanaria. Caratteristica è anche l’inferriata di ferro battuto ai cui lati sono poste le statue dei Santi Benedetto e Placido. Secondo la tradizione la Chiesa nacque nei pressi della casa natale di Sant'Agata (Casa di Sant'Agata alla Civita).
Chiesa di San Placido
Piazza San Placido
La struttura originaria di questo edificio, risalente al 1409 e costruita sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato a Bacco, fu completamente distrutta dal terremoto del 1693.  Si narra che la ricostruzione, su progetto dell’architetto Stefano Ittar, fu intrapresa per iniziativa delle uniche due suore sopravvissute al disastro del 1693, che abitavano il monastero annesso alla Chiesa. Riconsacrata nel 1723, e completata definitivamente nel 1769, è considerata un capolavoro dell’ultimo barocco siciliano. A differenza di altri edifici Settecenteschi della città, presenta la facciata in pietra bianca di Taormina e una particolare forma concava, in cui troneggiano le grandi finestre con le grate e la torre campanaria. Caratteristica è anche l’inferriata di ferro battuto ai cui lati sono poste le statue dei Santi Benedetto e Placido. Secondo la tradizione la Chiesa nacque nei pressi della casa natale di Sant'Agata (Casa di Sant'Agata alla Civita).
Il Museo Diocesano, che ha sede nell’ala est del seminario dei Chierici, proprio accanto al Duomo, conserva la raccolta degli arredi liturgici della Diocesi catanese. Suddivisi per tipologia, sono conservati oggetti e arredi mobili risalenti a diverse epoche storiche, datate a partire dal 1300. Il Museo è diviso in due sezioni: la prima, che si sviluppa tra il secondo piano e la cappella, espone gli arredi della Cattedrale precedenti e successivi al terremoto del 1693, con particolare attenzione a quelli dedicati alla Santa protettrice; la seconda sezione è dedicata agli arredi e ai reliquiari donati al museo da altre Diocesi, ed è esposta al terzo e quarto piano dell’edificio. Tra i pezzi storicamente e culturalmente più notevoli vi sono: lo spadino reliquiario del re Ludovico II d’Aragona, morto nel 1355, raro esempio dell’antica produzione orafa catanese; una lastra del XIV secolo attribuita al Maestro di Mileto e il famoso fercolo argenteo che durante la festa di Sant’Agata trasporta per la città il simulacro della Santa. Imperdibile la vista dalle terrazze panoramiche, dalle quali è possibile vedere la città barocca
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Museo Diocesano Catania
8 Via Etnea
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Il Museo Diocesano, che ha sede nell’ala est del seminario dei Chierici, proprio accanto al Duomo, conserva la raccolta degli arredi liturgici della Diocesi catanese. Suddivisi per tipologia, sono conservati oggetti e arredi mobili risalenti a diverse epoche storiche, datate a partire dal 1300. Il Museo è diviso in due sezioni: la prima, che si sviluppa tra il secondo piano e la cappella, espone gli arredi della Cattedrale precedenti e successivi al terremoto del 1693, con particolare attenzione a quelli dedicati alla Santa protettrice; la seconda sezione è dedicata agli arredi e ai reliquiari donati al museo da altre Diocesi, ed è esposta al terzo e quarto piano dell’edificio. Tra i pezzi storicamente e culturalmente più notevoli vi sono: lo spadino reliquiario del re Ludovico II d’Aragona, morto nel 1355, raro esempio dell’antica produzione orafa catanese; una lastra del XIV secolo attribuita al Maestro di Mileto e il famoso fercolo argenteo che durante la festa di Sant’Agata trasporta per la città il simulacro della Santa. Imperdibile la vista dalle terrazze panoramiche, dalle quali è possibile vedere la città barocca